Cambiare prospettiva per vincere il conflitto

Siamo stati ammutoliti e attoniti allo scoppiare dell’assurda e crudele invasione della Russia all’ Ucraina. Non pensavamo che da questo atto di prevaricazione ne potesse conseguire un conflitto di tale crudeltà che sta seminando morti e distruzione nel cuore dell’Europa.

Non ci capacitiamo che questa guerra, al di fuori delle porte di casa, si protraesse così a lungo e con la prospettiva di continuare ancora per molto, ampliando il numero delle fosse comuni, delle case e degli ospedali distrutti e sconvolgendo gli equilibri commerciali mondiali.

Poi il bombardamento quotidiano dei media ci ha anestetizzato al dolore di popolazioni e territori con una narrazione compulsiva degli eventi bellici come nel susseguirsi delle puntate di una triste fiction.

I programmi televisivi e i social si sono improvvisamente popolati di esperti politologi che, soppiantati i virologi dell’era Covid, hanno cominciato a duellare contrapponendo spesso posizioni di interventismo ideologico a tesi di pacifismo da sfilata il tutto in un clima che mette in scena il conflitto verbale più che il dialogo pacato e costruttivo.

Fortunatamente in questo clima si è anche attivata la catena della solidarietà che ha visto persone, associazioni e istituzioni prodigarsi concretamente in sostegno delle popolazioni colpite dalla violenza di questo conflitto.

In molti sono seriamente preoccupati di questa dolorosa situazione e si sforzano lealmente per trovarne una possibile via d’uscita.

Personalmente credo che non ci sia via d’uscita al conflitto se non si cambia radicalmente prospettiva.

Proviamo a ricordare per un attimo la scena del film “l’attimo fuggente” dove Robin Williams nei panni dell’anticonformista professor John Keating invitava i suoi studenti a salire in piedi sulla cattedra dicendo:”Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. …E’ proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva”.

Intanto consideriamo il conflitto non solo tra i popoli e le nazioni ma anche quello più feriale e diffuso tra le persone che genera sofferenza e disagio e spesso anche vittime come le guerre. Sono due facce di uno stesso atteggiamento responsabile di violenza e morte in ambedue i casi.

Purtroppo la storia ci insegna che i trattati sono spesso disattesi da successive guerre e le scienze sociali ci evidenziano che donne e uomini tradiscono sistematicamente i vincoli di fiducia e amicizia generando conflitto e dolore interpersonale e sociale.

La risposta a tanto dolore, come cantava Bob Dylan soffia nel vento.

Per i cristiani invece si annida nella follia del Vangelo laddove si dice: “Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.”

Un atteggiamento fuori da ogni logica del diritto e del buon senso, che scardina e supera il diritto e il buon senso comune con la forza dell’utopia e della speranza Un atteggiamento che non piega il nemico con la forza, ma lo annichilisce e lo stordisce con lo stupore e lo spiazza con l’irrazionalità.

Porgere l’altra guancia, non solo sottrae combustibile al fuoco della guerra facendolo pian piano affievolirsi e morire ma fa venir meno il secondo soggetto del conflitto senza il quale il conflitto non può avvenire.

Porgendo l’altra guancia non si eliminano ingiustizia, sopraffazione e violenza, che realisticamente sono costitutive della povertà umana, ma si disinnesca il conflitto con i suoi morti, la sua distruzione. Questo sia sul piano sociale che interpersonale.

Porgere l’altra guancia significa dire con la propria vita no al conflitto mettendosi in gioco personalmente e accettando anche il ruolo di vittima dell’ingiustizia e della prevaricazione perché fiduciosi nell’ irrompere dell’amore nella storia.

Significa accettare la logica delle beatitudine elencate nel Vangelo.

Se guardiamo all’ esempio di molti testimoni autentici pace di come Ghandi o Luther King troviamo nella loro testimonianza il seme di questa follia. Essi hanno saputo rispondere ad odio, discriminazione e ingiustizia con la forza della nonviolenza, una risposta molto concreta che si fa sacrificio della propria vita ma che alla lunga genera prassi di pace.

Ma non solo loro hanno avuto la forza e la grandezza di varcare il confine della regola del taglione: “Occhio per occhio dente per dente” ma i numerosi parenti delle vittime di mafia e terrorismo che hanno saputo perdonare sinceramente gli assassini dei propri cari interrompendo pericolose catene di rancore ed odio che avrebbero generato altre morti.

Parafrasando una frase famosa: per fare la guerra è necessario essere in due per la pace basta partire da se stessi.

16 Maggio 2020 Paolo Castelli

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