Omelia Rosario

Omelia Rosario

Montagnaga di Pinè, 5 giugno 2020

Pochi giorni ci separano dalla Pentecoste, sulla nostra Chiesa e
sull’umanità è di nuovo sceso abbondantemente lo Spirito Santo.
Non è un’affermazione di circostanza, è certo: il Padre e il Figlio Amato
hanno effuso su di noi “senza misura” lo Spirito Santo.
In questi mesi di pandemia, si è continuato a ripetere dentro e fuori la
Chiesa: non possiamo prescindere dalle relazioni, dalle persone,
dall’amare.
Il mantra sulla necessità delle relazioni, si sta già raffreddando. Gli eroi
rischiano di finire sul banco degli imputati, l’individuazione del capro
espiatorio su cui scaricare colpe e responsabilità va alla grande,
semplificare la realtà sbandierando facili soluzioni agli enormi problemi
provocati dalla pandemia è la moda del momento, procedere in ordine
sparso, non raramente l’un contro l’altro armati, è tornato
drammaticamente attuale, e potrei continuare.
Ancora una volta, l’esperienza dell’amore, elemento decisivo per dare
qualità alla vita, appare un’operazione impegnativa, assolutamente non a
costo zero.
Del resto, quando ci mettiamo davanti a Cristo Crocifisso e riconosciamo
nel suo morire la nostra salvezza, tocchiamo con mano che l’amare non è
questione da risolvere con quattro regolette e l’attivazione di qualche
svolazzo sentimentale, è avvicinarsi al fuoco. Voler bene è entrare nel
vuoto dell’altro, nella voragine delle sue inconsistenze, accoglierle senza
giudicarle, riconoscendo in quella stessa debolezza e fragilità la nostra.
Senza lo Spirito Santo, non è possibile fare esperienza dell’Amore di Dio,
far nostro i pensieri, le parole, i gesti di Cristo, amare l’altro, riconoscerlo
nostro fratello e sorella.

In questi giorni, corriamo seriamente il rischio di disperdere quanto, nei
primi giorni dell’emergenza sanitaria, abbiamo sperimentato e condiviso.
C’è la grande tentazione, anche nella nostra Chiesa di costruire “nidi”: di
raccogliersi attorno al proprio gruppo, alle proprie preferenze, alle
proprie idee e non essere disposti, per nulla, ad accogliere le novità e le
sorprese.
C’è il pericolo di definire la nostra identità contrapponendoci, anziché
sentirci compagni di viaggio e fratelli.
Lo Spirito Santo, invece, congiunge i distanti, unisce i lontani, porta a casa
i dispersi. Guarda all’uomo prima che ai suoi errori, alle persone prima
che alle loro azioni.
Torniamo ai primi giorni di questa terribile prova, dove abbiamo
sperimentato accanto alla nostra fragilità, l’irrefrenabile bisogno di amare
ed essere amati, la bellezza del dono di sé, la gioia dell’incontro.
Non disperdiamo quanto abbiamo visto, udito e toccato. Lo Spirito Santo
ci preservi dal consegnare di nuovo all’oblio la chiamata ad amare che
insieme abbiamo condiviso. Ci accompagni in questo cammino, il dolce e
struggente ricordo di chi si è congedato da noi, senza poterci salutare.
In questo luogo mariano così significativo per la Diocesi, mi viene
spontaneo citare le parole di Bernanos “Tutto è Grazia!”. La nostra Chiesa
in questi mesi ha dimostrato di essere viva, di saper frequentare i gesti
del Samaritano, assetata di Parola, desiderosa di novità.

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