Riportiamo la lettera inviata da monsignor Guido Zendron vescovo di Paulo Afonso in Brasile
Paulo Afonso, 28 marzo 2020
Cari fratelli, care sorelle, amici.
Vorrei condividere con voi come ho vissuto e cosa ha risvegliato il momento della preghiera con Papa Francesco.
Devo confessare che con il passare dei giorni di quarantena, oltre a molte domande, due sono sempre diventate più forti dentro di me.
La prima, data l’impossibilità di vivere e incontrare le persone come di consueto, perché ‘bloccato’ in casa, era: “ Come posso essere utile alla Diocesi, alla convivenza umana, stando in casa e dovendo rinunciare a così tante cose mi piacerebbe e dovrei fare? “
La seconda domanda riguardava la tragedia che sta accadendo in Italia e, in particolare, quando è arrivata la notizia che Covid 19 ha colpito un amico e poi mio cognato, che ora si trova in una situazione seria e delicata all’ospedale di Trento. La domanda non era più come posso essere utile, ma più profonda: “A chi appartengo? A chi apparteniamo? “
Tutte le risposte che cercavo mi lasciavano un po’ insoddisfatto, dato che c’era sempre un vuoto, qualcosa che non potevo riempire, sebbene non mancassero la preghiera, la meditazione sulla Parola di Dio, la celebrazione quotidiana della Santa Messa e del Santo Rosario.
Il limite, l’impossibilità di condividere questa situazione più da vicino con la cara Diocesi e, in particolare ora, con mia sorella e i miei nipoti, ha aperto una ferita sempre più grande e ha generato quella solitudine non fisica, perché sono con tre seminaristi , ma quello che sperimentiamo di fronte a situazioni che non possiamo risolvere.
All’improvviso, come sempre, ecco la risposta, non pianificata, non creata dalla mia immaginazione o spiritualità. Ancora una volta, l’iniziativa di Dio e il suo metodo hanno superato le mie aspettative: dalla prima immagine all’ultima del momento di preghiera con Papa Francesco, tutto è stato una risposta a ciò che stavo cercando e a ciò che mi angustiava.
Oltre alla bellissima omelia, alcune cose mi hanno segnato:
- Nella piazza vuota, sotto la pioggia, zoppicando, Papa Francesco non ha mostrato la forza di un atleta capace di vincere tutto, ma la fragilità di chi guida un popolo affidatogli da Dio e a Lui adesso lo presenta perché sia Lui a prendersene cura, a guarirlo, a liberarlo, certo che il nostro Dio non dorme, ma si prende cura di ognuno ed è sempre dentro la barca della nostra vita.
- Questa immagine mi ha aiutato a capire come la Presenza di Gesù sia la possibilità concreta di vivere il presente, l’istante, tenendo conto della totalità dell’esperienza e della vita, perché la tempesta sarà sempre momentanea, l’amore di Dio è e sarà per sempre, capace di trasformare tutto in qualcosa di positivo. Francesco ha vissuto il momento con grande intensità, con un cuore aperto a tutto il mondo.
- Camminava con fatica Papa Francesco andando verso l’immagine della Madonna e della Croce Miracolosa, in silenzio, con uno sguardo profondo che esprimeva l’intensità di come e perché si trovava in quel luogo.
- Il più grande dolore di mia sorella e dei miei nipoti, era non poter essere in grado di stare vicino al marito, al papà, tranne che per telefono e ora che deve essere intubato la sensazione di impotenza è ancora maggiore e l’unico sollievo è la certezza di una Presenza piena di compassione che si prenderà cura di lui e così sono pronti ad accogliere la volontà di Dio con più serenità. In quello sguardo di Papa Francesco alla Madonna e a Gesù Crocifisso e il semplice tocco con la mano e il bacio, hanno confermato l’importanza e la forza di una religiosità popolare che riesce a confortare il nostro popolo più di molte delle nostre iniziative, perché manifestano il concretezza della presenza paterna di Dio e materna della Madonna. Un sentimento di pace è entrato nel mio cuore.
- Adorazione del Santissimo Sacramento e benedizione: un momento insuperabile di semplicità e contemplazione davanti a Lui che non ci lascerà mai orfani. Il silenzio parlava più forte di tante delle nostre parole con cui vogliamo riempire gli orecchi di Dio, quasi che non sappia cosa portiamo nei nostri cuori.
- È stato in questo momento che la domanda: “A chi appartengo ” ha trovato una risposta piena di positività; Appartengo a Colui che ha vinto la morte e resuscitò per non lasciarci mai soli nelle tempeste della vita . Ma io appartengo a Lui non con il pensiero o l’emozione, ma attraverso un popolo guidato da quell’uomo apparentemente debole, così inadeguato per dare speranza in questo drammatico momento all’umanità così ferita e spaventata. É stato in questo momento che ho pensato a Gesù quando Pilato lo ha presentato al popolo : Ecco l’Uomo Un’immensa fragilità umana, ma all’interno di quell’Uomo, la salvezza era già all’opera anche per coloro che lo stavano rifiutando. Dopo la benedizione, ho chiamato mia sorella che aveva vissuto anche questo momento di preghiera. La sua serenità, in mezzo alle lacrime, è stata la migliore risposta alle mie domande. Quindi, ringrazio Papa Francesco, ringrazio le tante persone che si sono riunite e si riuniscono in preghiera in questi giorni chiedendo la guarigione di mio cognato e tutti i malati e la liberazione del Brasile e del mondo intero da questa pandemia.
Sono certo di una cosa: vivere bene il presente e l’istante come Gesù li viveva, e avere coscienza del fatto che siamo un unico popolo, una unica famiglia che si apre oltre i confini della Chiesa cattolica, è il miracolo più grande che può accadere in questo clima di morte. Che Dio, per la forza dello Spirito Santo e l`intercessione della Madonna di Fatima, ci permetta di imparare dalla realtà a lasciarci condurre dalla Presenza tenera e sicura di Gesù in noi e in mezzo a noi. Con il cuore pieno di gratitudine.
+ Guido