Fraternità, esperienza e condivisione a Taizé

 

Suonano le campane. Siamo nel 2019 ed esiste ancora un qualcosa che nonostante tutto richiama le persone verso un luogo comune: la chiesa di Taizé. Situato su una collina sperduta nel mezzo della Francia, questo paesino di 180 anime di cui 80 monaci ospita ogni anno più di centomila persone.
Ma cosa vanno a fare così tante persone in questo posto? Se ognuno viene per una ragione diversa, tutti vivono nello stesso modo. Si conduce la vita che fanno i monaci. Più semplicemente, si stacca per un po’ la spina e si vive un clima totalmente differente, dove ogni minuto non è visto come un limite entro il quale bisogna terminare un compito ma come una risorsa di cui si dispone e che si può utilizzare a favore di sé. I momenti di preghiera al mattino, a pranzo e di sera, il lavoro quotidiano e i momenti di condivisione sono gli appuntamenti principali della vita a Taizé. Ci sono ovviamente anche momenti di frugale convivialità. Qui è tutto scandito ed essenziale. Il telefono probabilmente lo dimenticherai in tenda, oppure, se proprio te lo ricordi, non riuscirai ad attaccarlo ad una delle ambite prese della chiesa. Ma è meglio così, perché stare qua, una settimana passa in fretta e, in questo arco di tempo, ci vuole tempo per darsi degli spazi. Sì, perché è vero che molti spazi sono dati alla riflessione tra le preghiere, i silenzi e il tempo libero, ma bisogna volerli questi momenti. Bisogna vedere questi momenti come un bicchiere mezzo pieno: qualcosa di limitato, ma che è un’addizione al nulla, un più che ci viene concesso e che possiamo sfruttare a nostro favore. Il punto è realizzare questa cosa e concedersi questi momenti, invece che aspettare passivamente l’illuminazione. Io l’ho realizzato dopo la prima metà della settimana. Era un giovedì, e quella sera, invece che andare nel solito punto di ritrovo dove i giovani si incontrano per cantare e ballare, mi fermai a parlare con un amico da poco conosciuto, e poi andammo insieme nella chiesa, alle 23. Non ero mai andato dopo la preghiera della sera. Bastavano ben tre momenti per colmare il mio vuoto spirituale. Ma quella sera no. Vidi quel posto non come un obbligo da adempiere ma come una possibilità. E fu la sera più bella. E allora anche il giorno dopo mi recai in chiesa, di sera, e proprio quel venerdì aveva luogo l’adorazione della croce. È un momento speciale: il crocefisso è appoggiato sul pavimento e ognuno può avvicinarsi e appoggiarvici il capo. È qui che ho sentito il vero spirito di Taizé. Perché vivere come tutti i giorni lo posso fare sempre, ma solo vivendo in prima persona nello stile dei monaci, mi ha permesso di godere appieno di questa esperienza. E ciò è stato possibile perché ho messo a metà settimana, come priorità, non ciò che era da sempre in cima alla mia solita lista, ma qualcos’altro che però lì valeva la pena essere prioritizzato. In questo modo ho coltivato la mia spiritualità e approfondito la conoscenza di me stesso e il mio stato attuale.

Questo è possibile eccome, in ogni circostanza. Il primo passo è capire qual è la tua priorità in quel posto, perché seppur ci siano cose più importanti di altre nella vita, è anche vero che alcune cose si vivono pienamente solo in certi luoghi. Sono quindi grato a Taizé per aver momentaneamente scardinato l’ordine delle mie priorità, perché mi ha dato l’occasione di approfondire punti che erano più in basso nella lista. E così come Taizé, molti altri luoghi e persone possono creare quel positivo scompiglio che ci permettono di vivere in maniera diversa e far crescere dentro di noi semi a cui avevamo dato poca attenzione. In questi casi, non basta che seguire con curiosa innocenza e lasciarsi trasportare.

Eugenio Sicher

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