Da Vatican News di Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Sulle pagine de Il Fatto Quotidiano di oggi, un estratto della conversazione del padre gesuita Antonio Spadaro con il Papa inserita poi nella docuserie Netflix centrata sul rapporto tra anziani e giovani e disponibile dal 25 dicembre, intitolata Stories of a Generation
Un racconto corale sulla terza età come tesoro da riscoprire, narrato da un punto di vista inedito e originale: gli occhi delle giovani generazioni. Questa è la docu-serie in 4 episodi, “Stories of a Generation con Papa Francesco” che Netflix rende disponibile dal giorno di Natale in cinque continenti. Storie di amore, sogni, lotta e lavoro, unite dal filo conduttore del rapporto intragenerazionale, accompagnate dalle riflessioni e dai ricordi di Francesco che arricchiscono il racconto di altri.
Tutto nasce da una conversazione tra il Papa e il padre gesuita Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica e consulente editoriale della serie scritta da Simona Ercolani e prodotta da Stand By Me. Nell’estratto che l’autore pubblica oggi sulle pagine de Il Fatto quotidiano il pensiero e le parole di Francesco sui temi di fondo della narrazione televisiva. Il Papa parla dell’amore come “un sentimento, l’elettricità che attraversa un organismo simile alla sensazione di due poli che si attraggono”; rilegge in modo personale e poetico il ballo del tango, come il “guidare ed essere guidati, avere la responsabilità di prendersi cura dell’altro”; e poi spiega il concetto di “paternità” che non è tanto un generare figli, quanto trasmettere la propria esistenza al figlio. “Nella vita – dice a colloquio con padre Spadaro – ciò che ti rende padre è il tuo impegno verso l’esistenza, i limiti, la grandezza, lo sviluppo di questa persona a cui hai dato la vita e che hai visto crescere”.
La vita è asettica senza sogni
Ma il tema centrale sono i sogni e il legame tra giovani e anziani anche attraverso di essi. Chi non sogna è una persona asettica e la sua vita manca di poesia, dice Francesco, definendosi lui stesso un sognatore. “Scrivevo anche poesie, ma poi le strappavo perché non mi piacevano. Era così che davo voce ai miei sogni”. “Abbiamo tutti bisogno di sognare. Consciamente o inconsciamente”.
Sogno e profezia
E gli anziani? Anche loro devono sognare – dice Francesco – e così portarci “verso orizzonti ” che non si possono immaginare. E sono i giovani ad avere un ruolo fondamentale in questo: il Papa nel colloquio con Padre Spadaro rimarca l’importanza della vicinanza tra le generazioni. “I sogni di una persona anziana sono la ricchezza della vita che vi offrono e vi regalano. È la ricchezza di tutta quella vita che vi offrono come un’esperienza di vita. Il sogno dei giovani è la profezia, cioè la capacità di andare avanti. Ecco perché è importante far incontrare i giovani e gli anziani. L’anziano che dona i propri sogni e il giovane che li riceve e può tramandarli, in vista del futuro”.
Dignità e creatività nel lavoro
E poi c’è la lotta: perché per realizzare i sogni, a volte, afferma il Papa “è necessario lottare” e la lotta è una realtà: “Non mi piace, ma non può esserci vita senza lotta. È una cosa che è dentro di noi” e non si è mai troppo vecchi per lottare per ciò che abbiamo dentro “se hai un cuore e un’anima aperti”. Dunque non c’è vita senza lotta così come senza lavoro non c’è dignità. Anche il lavoro è una conquista che – e il Papa lo spiega raccontando del suo lavoro estivo in una fabbrica di calzini – è fonte di dignità. E dalla dignità nasce la creatività. ” La creatività è poesia. Pensiamo che il poeta sia uno che sogna a occhi aperti. Un creatore è un poeta. Quando crei qualcosa, sei un poeta. Stai facendo poesia. Non c’è dignità senza creatività. La dignità ci porta a creare. Non ci si automatizza nel lavoro. L’automatismo è pericoloso. Ecco perché un buon lavoratore è sempre creativo. Trasforma se stesso o se stessa in un dono per gli altri”.