Dante olimpico

n quest’anno dedicato a Dante Alighieri e in quest’estate che ci presenta lo sport olimpico ho trovato molto interessante quest’ articolo su ReteSicomoro che vi propongo. Grazie, d Mauro

Se le olimpiadi si giocassero nell’Aldilà dantesco

Una giocosa corrispondenza tra azioni e contrappassi delle anime e discipline sportive nell’anno sia dantesco che olimpico.

Nell’anno che è sia dantesco che olimpico, un articolo di un insegnante di un liceo sportivo su Vino Nuovo si è divertito a proporre delle corrispondenze tra le azioni e i contrappassi delle anime descritte nella Divina Commedia e le discipline sportive, ovviamente con uno spirito non irrispettoso ma giocoso e utile per fare una prima conoscenza con i personaggi del poema. Prima delle gare c’è la consueta cerimonia d’apertura con l’accensione del braciere olimpico: i tedofori sono i consiglieri di frode, perché nell’ottava bolgia «dentro dai fuochi son li spirti» (Inferno XXV). Iniziano poi le competizioni in acqua.

Nel canottaggio, che si svolge alle foci del Tevere, protagonista è l’Angelo Nocchiero, colui che dopo la morte trasporta le anime destinate al Purgatorio e quindi alla salvezza. Egli «remo non vuol, né altro velo / che l’ali sue»: neanche la vela gli serve per essere veloce, tanto «che ‘l muover suo nessun volar pareggia» (Purgatorio II). Sul fiume Acheronte c’è il rafting, dove il favorito è Caronte, che trasporta le anime dei dannati nell’Ade e le «batte col remo», tutte tranne Dante (If III). Nella palude Stigia gli iracondi giocano a pallanuoto, con gli spiriti che «si percotean non pur con mano, ma con la testa e col petto e coi piedi, troncandosi co’ denti a brano a brano» (If VIII). Sul fondo della fossa della roccia scura i simoniaci si cimentano nel nuoto sincronizzato: «Fuor de la bocca a ciascun soperchiava d’un peccator li piedi e de le gambe infino al grosso, e l’altro dentro stava» (If XIX).

Per quanto riguarda l’atletica, nel quarto cerchio avari e prodighi si sfidano al lancio del peso, «con grand’urli, voltando pesi per forza di poppa» (If VII). Nella prima bolgia, alla corsa partecipano ruffiani e seduttori, che «dal mezzo in qua ci venien verso ‘l volto, di là con noi, ma con passi maggiori» (If XVIII). Nella staffetta gareggiano gli indovini, perché hanno collo e viso girati all’indietro e possono vedere meglio il compagno di squadra che passa il testimone (If XX). Infine c’è la maratona, con gli accidiosi costretti a correre senza sosta per purificarsi dal proprio vizio, in una «turba magna» che «suo passo falca» gridandosi a vicenda «ratto, ratto», presto presto (If XVIII).

Tra le altre discipline c’è il sollevamento pesi, per gli ipocriti dell’Inferno e i superbi del Purgatorio: i primi portano enormi cappe «dentro tutte piombo, e gravi tanto» (If XXIII), i secondi trasportano giganteschi massi sulla loro testa (Pg XI). Nel cielo di Saturno si svolge l’arrampicata, dove i contemplativi salgono e scendono su «uno scaleo eretto in suso», arrivando così in alto che Dante a un certo punto non li vede più (Paradiso XXI). Nella nona bolgia ci sono le gare di scherma: i seminatori di discordie vengono passati a fil di spada dai demoni (If XXVIII). I ladri si cimentano nella lotta, che Dante commenta così: «E qual è quel che cade, e non sa como, per forza di demon ch’a terra il tira, o d’altra oppilazion che lega l’omo, quando si leva, che ‘ntorno si mira tutto smarrito de la grande angoscia ch’elli ha sofferta» (If XXIV). Tutti gli atleti olimpici sperano di essere «quelli che vince, non colui che perde» (If XV).

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