Venerdi Santo

in allegato il libretto della via Crucis del Papa

ecco l’omelia del vescovo

Omelia Venerdì Santo

(Messa celebrata a porte chiuse e trasmessa in streaming)

cattedrale di Trento, 10 aprile 2020

 

Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto (Gv 19,37)

In maniera inaspettata, l’Uomo della croce tocca il cuore di uomini, abituati a frequentare la morte, e li manda in crisi. Da duemila anni, quel volto sfigurato, affascina e dà forma alla vita di donne e uomini. Nel riconoscere, in Lui, i tratti di Dio, ritengono vincente e appagante farsi carico degli altri e mettere a loro disposizione la propria vita.

Consapevoli o no, la nostra fede è figlia del fascino seducente dell’uomo del Calvario. Il Golgota, da luogo deputato alla morte, diventa sala parto. Sorprendentemente, un uomo che muore genera vita.

Il Cristo Crocifisso, definito da Paolo “scandalo e follia”, modifica in modo radicale il discorso su Dio. Non Colui che sta al di là della barricata, ma il viandante, compagno di viaggio dell’uomo, al pari di lui attraversato da “forti grida e lacrime” nel tentativo di sfuggire alla morte.

In questo momento tanto drammatico dell’umanità, prima ancora di provare a entrare nello “scandalo“ del morire di Gesù, ci risulta estremamente naturale identificarci nella sua vicenda. Immedesimarci con la sua storia è importante, ma non basta.

La domanda che ci dobbiamo fare è molto più radicale: il Crocifisso è il compimento della Storia? Possiamo riconoscere in lui i lineamenti del Dio della vita? Il suo percorso esistenziale è davvero vincente? Ci proietta oltre la morte?

Nella ricerca di una risposta, vi invito a soffermarvi sulla sconcertante affermazione della lettera agli Ebrei: “Imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne salvezza per coloro che gli obbediscono”. (Eb 4, 8-9)

La sofferenza può forse rendere perfetti? Questi nostri tragici giorni dicono altro. Il dolore sfigura non solo il volto, ma l’intera vita. Ciò che tanti uomini e donne in questo momento stanno vivendo è veramente impressionante, e deve essere accostato con il massimo della delicatezza e del rispetto.

Tuttavia, l’uomo della Croce, che come noi “ben conosce il patire e le sue devastanti conseguenze”, ci regala una luce inaspettata e sorprendente. Le stanze del dolore possono aprire alla vita. A una condizione: attraversarle come Lui in obbedienza. Vale a dire: porsi, insieme con lui, in atteggiamento di ascolto.

L’operazione è già iniziata, anche se stiamo muovendo solo i primi passi. Molti indizi ci dicono che stiamo cominciando a ritornare umani. Al centro della scena stanno tornando i volti delle persone. La gratuità, con la forza della sua creatività, sta prendendo forma. Non lasciamo che le difficoltà dell’ora presente tornino a soffocare il riemergere della bellezza dell’umano.

 

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