Omelia Solennità della Santissima Trinità

Omelia Solennità della Santissima Trinità

Cattedrale, 7 giugno 2020

Il Vangelo apre uno squarcio luminoso sulla vita di Dio che si manifesta come amore sconfinato: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. (Gv 3,16) E’ bello notare come i verbi sono al passato: “ha amato e ha dato”. L’Amore di Dio non è un’ipotesi di lavoro, una vaga speranza, è una certezza, un fatto acquisito. Sul monte Sinai, scorrono i nomi di Dio e sono uno più bello dell’altro: misericordioso, pietoso, lento all’ira, ricco di grazia e di fedeltà.

Accanto a questa meravigliosa rivelazione riceviamo la consolante rassicurazione: Dio non è uno che si deve andare a cercare, ma uno che ha cercato noi. “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”. (1Gv 4,10)

L’invito alla gioia dell’apostolo Paolo è figlio di questa sorprendente e sensazionale notizia: siamo amati, salvati, accolti. La Comunione che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ci rivela il segreto di Dio: Egli non è solitudine, è abbraccio e legame.

Provocazione salutare, per un’ora della storia segnata dalla suggestione “diabolica” di approdare alla felicità, rimanendo affidati a noi stessi. In questi mesi, abbiamo toccato con mano l’inconsistenza di una simile opzione. Per un breve momento abbiamo sognato di frequentare insieme la beatitudine del “noi”, purtroppo, sta tornando anche nella Chiesa, il “fai da te” con il suo triste corollario di litigiosità, rancore e rabbia.

Per fermare questa deriva, lasciamoci raggiungere dall’Amore Trinitario. Madre Teresa di Calcutta affermava: Non esiste povertà peggiore che non avere amore da dare”.

Conoscere il nome di Dio, credere che Dio è Amore gratuito, non è oziosa operazione religiosa, è questione decisiva per la nostra vita. Vivere senza credere all’amore è in realtà un non vivere, essere già condannati, costretti a una vita che poggia esclusivamente sulle nostre spalle. Senza l’amore la vita diventa inferno.

Se Dio non è Padre, allora cosa è? Se non è tenerezza, cosa resta? Se Dio non mi vuol bene in modo incondizionato, sono solo e devo sopravvivere con le mie forze.

C’è il rischio concreto, per la Chiesa e le nostre comunità, di smentire con la vita di credere al nome di Gesù, rivelatore dell’Amore del Padre che salva e libera.

Dietro l’angolo, ammonisce papa Francesco, c’è la possibilità per le nostre comunità di diventare stanche Ong, sprovviste della passione per la “vita altra” di chi sperimenta l’Amore gratuito di Dio, sostituita da protagonismi, rivalità e tensioni.

Chiediamo il dono dello Spirito Santo per vivere l’esortazione di Paolo: “Fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore sarà con voi”. (2Cor 13, 11)

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